Bandai Super Robot Chogokin Zeorymer by Mazingetter

Hades Project Zeorymer è una serie OAV articolata in 4 episodi risalente al 1998. Il robot protagonista della serie, lo Zeorymer, denominato nell’anime come Zeorymer del cielo (Zeorymer of heaven), è uno degli otto robot che compaiono nell’OAV, ciascuno dei quali ispirato ad un differente elemento della natura secondo la cultura cinese (terra, acqua, fuoco, fulmine, montagna, vento, luna e, appunto, cielo). Il Super Robot Chogokin dedicato al mecha principale della serie ed uscito in Giappone alla fine dello scorso mese di febbraio, acquistato dal sottoscritto quasi più per curiosità e per il buon prezzo strappato che non per una reale motivazione, ha finito inaspettatamente per rappresentare una sorpresa molto positiva per più di un aspetto. Partiamo dunque con la nostra recensione….

La confezione
In linea con le abituali dimensioni delle scatole dei SRC è relativamente piccola (19 x 19 x 8 cm). Sull’anteriore è riprodotto il robot, nell’angolo in alto a sinistra il logo dei SRC e dallo stesso lato, in basso, della serie OAV. Sul retro, come d’abitudine, sono illustrati invece i gimmicks in dotazione al robot, in particolar modo il grosso kanji (ten) che compare tra le mani del robot al momento del Meiou, o Hades attack (l’attacco finale e più potente che lo caratterizza) e la fiammata dell’energy wave attack.

Il contenuto
All’interno della scatola sono alloggiati, impilati l’uno sull’altro, due blister di plastica trasparente contenenti:
- superiore: il robot con due pugni chiusi preapplicati e le due appendici da agganciare alla schiena.
- inferiore: un corno in plastica rigida sostitutivo (da utilizzare alternativamente a quello di gomma morbida di base già montato sul modello), due paia di mani aperte, le sfere applicabili sul loro dorso, gli accessori per la simulazione del Meiou e dell’energy wave attack, l’aggancio per l’eventuale esposizione su apposito stand (quest’ultimo non in dotazione), la basetta per l’appoggio del grande kanji esponibile alle spalle del robot.
Nella scatola troviamo inoltre:
- Una busta di plastica trasparente contenente l’abituale spartano foglio di istruzioni in bianco e nero ripiegato in quattro parti ed un coupon per partecipare ad un questionario online con apposito codice (fruibile entro tre mesi dal lancio del prodotto e che non ho quindi potuto sfruttare….) con la possibilità di vincere qualche non meglio precisato gadget.
- Una seconda busta di plastica trasparente contenente il grosso kanji “ten” (lo stesso che compare tra le mani del robot al momento dell’Hades attack) in plastica semirigida.

Zeorymer
Ciò che maggiormente colpisce di questo chogokin, sin dall’apertura del suo blister, soprattutto se si posseggono già altri SRC, è sicuramente l’altezza che, nella sua limitatezza, rappresenta per molti collezionisti il vero tallone di Achille di questa serie di toys. Lo Zeorymer, a differenza dei suoi predecessori, presenta invece dimensioni di tutto rispetto. Il robot non è certo un gigante ma 16 cm alla punta del corno frontale e 18 cm all’apice delle spalle (misura che può raggiungere anche i 20 cm se le spalle vengono piegate medialmente) sono praticamente in linea con gli ultimi SOC non componibili/trasformabili proposti da Bandai. Anche il peso di 215 grammi è abbastanza soddisfacente e distribuito prevalentemente a livello degli arti inferiori dove si concentra esclusivamente nelle gambe e negli snodi di caviglia ed anca (cosce e piedi in plastica). Anche il resto del corpo è in plastica se si escludono alcuni snodi come quello del gomito la cui struttura portante è invece concepita in metallo. La posabilità è estremamente soddisfacente e supportata da articolazioni esclusivamente ad attrito. L’avampiede si flette anteriormente fino a 90 gradi, la caviglia ha buoni movimenti di inclinazione mediale e laterale. Il ginocchio si flette oltre i 120 gradi grazie alla possibilità dell’articolazione di piegarsi sia all’aggancio con la gamba che (soprattutto) all’attacco con la coscia. L’articolazione dell’anca ha ampi movimenti in abduzione (intelligente l’impiego della plastica per evitare sfregamenti di vernice sulla coscia da parte degli elementi del gonnellino), modeste escursioni in flessione, buona estensione. I componenti del gonnellino, per dare libertà di movimento alla coscia, sono mobili, sia quelli piccoli anteriori che quelli posteriori nonchè quelli laterali (questi ultimi sono un po’ instabili e tendono a staccarsi con troppa facilità quando si abduce la coscia, pur essendo comunque facilmente riapplicabili con aggancio governato da piccoli snodi a sfera). Molta della mobilità in realtà è conferita al modello dallo snodo addome-bacino che, di base limitato, una volta estratto (in realtà la prima volta ho avuto difficoltà a capire che era estraibile perché duretto da tirare fuori) permette notevoli flessioni del tronco e rotazione a 360 gradi di quest’ultimo nonché buone inclinazioni laterali. Le spalle hanno due punti di articolazione, uno più interno e l’altro più esterno. L’azione combinata dei due snodi permette di enfatizzare sia la flessione in avanti che l’estensione all’indietro. Le spalle ruotano inoltre liberamente a 360 gradi ed hanno moderata flessione verso l’alto. Le braccia si abducono a 90 gradi e ruotano liberamente sull’asse longitudinale all’aggancio con la spalla. I gomiti hanno movimenti estremi di flessione, anche in questo caso per l’azione combinata delle escursioni che lo snodo ha sia all’attacco con il braccio che con l’avambraccio. L’avambraccio, infine, ruota liberamente lungo il suo asse longitudinale. I polsi hanno modesti movimenti di flessione. I movimenti della testa di base sono molto penalizzati dalla conformazione delle spalle che li limitano fortemente, la musica cambia quando lo snodo del collo viene estratto consentendo maggior flessione e migliori inclinazioni laterali. A proposito della testa, il corno centrale quando si maneggia il modello è un pochino instabile e tende a cadere un po’ troppo facilmente, il consiglio è comunque quello di preferire la variante in gomma morbida a quella più rigida per evitare il rischio di antipatiche rotture. Passando al capitolo verniciatura se escludiamo una piccola sbavatura di vernice rossa sul corno in gomma morbida non ho notato grossi difetti. Bello il giallo traslucido delle sfere sul petto e sul dorso delle mani. I distacchi dalle sprue, seppur presenti, sono concentrati per gran parte sulla parte posteriore del modello (parte superiore della faccia posteriore delle cosce e superfici posteriori delle spalle) se si escludono quelli sul margine superiore della parte interna dell’inserto rosso presente sugli avambracci. Gli accessori sono carini, sia il “ten” piccolo applicabile sulle mani che quello più grande esponibile alle spalle del robot, così come la simulazione dell’energy wave attack (anche se quest’ultimo un po’ pesa e si deve giocare un attimo con gli equilibri per aiutarlo a tenerlo su) ma sinceramente non sono mai andato troppo pazzo per questi “effetti speciali”.

Nel complesso il giudizio finale è fortemente positivo, si tratta di un modello decisamente carino. Non è il primo SRC che acquisto e bene o male ne posseggo ormai circa una decina, su questa base posso senza ombra di dubbio affermare che finora forse solo Alt Eisen e in parte Daiguard, in questa linea, si sono dimostrati sullo stesso livello di questo chogokin nella valutazione del rapporto globale dimensioni-posabilità-metallo-prezzo. Il consiglio non può essere quindi altro che quello di acquistarlo, personalmente credo che 40 euro tutto compreso li possa valere tutti, buona caccia!
Un caro saluto ed un affettuoso arrivederci alla prossima recensione sulle pagine di Japanrobot dal vostro Stefano-Mazingetter.

 

Mazingetter

(le foto sono state realizzate dall'autore dell'articolo)