Ci sono diversi episodi, nella celeberrima saga dei Transformers, che rimangono stampati nella memoria molto più degli altri, penso che converrà con me buona parte degli allora ragazzini che dividevano i pomeriggi tra i compiti e le scazzottate televisive di Commander e Megatron. Come nel sedicesimo episodio della serie giappo-americana, quando i sei operosi Constructicons, minacciati dai Dinorobot, optarono per un’unione reciproca per formare il primo, e forse più amato, combiner Transformer che si fosse mai visto sugli schermi: il grande Devastator! In questa modalità, la raffinata intelligenza individuale dei sei robot, a tutti gli effetti dei tecnici, veniva sorprendentemente dimezzata - ma forse è un eufemismo… - a favore di una potenza e brutalità che lasciò di stucco gli increduli fan della serie, non certo abituati a vedere gli amati Dinorobot presi a sonore pedate o a constatare come anche Tiran, alla stregua di una palla da baseball, potesse essere oggetto di un home run.
Normale, quindi, che un siffatto personaggio sia sempre stato richiesto nel mercato dei giocattoli, ma oggi anche in quello dei toys per adulti, nel quale tuttavia Takara non si è distinta per particolare concretezza, nonostante il possesso di una licenza così tremendamente appetibile.
Due premesse prima di procedere: qui, purtroppo, non parliamo di Takara e di un suo ad oggi latitante Masterpiece Devastator, bensì di TFC Toys e del suo mastodontico Hercules. In pratica, una ditta di talentuosi appassionati orientali che non detiene diritti sui Transformers ha partorito un modello che si rifà al personaggio originale, ma NON lo è ufficialmente. Tuttavia, nomi nuovi, assenza del logo Decepticon e pesanti quanto inevitabili variazioni dal design televisivo non riescono a minare completamente la grande appetibilità del prodotto, che rimane comunque immediatamente riconoscibile e riconducibile all’originale G1 per distribuzione dei colori, componenti e tipologia dei mezzi da cantiere, nonché probabilmente ispirato alle linee adulte del fumetto All Hail Megatron disegnato da Guido Guidi. Ma qui si ferma la mia conoscenza in materia, per altri rimandi estetici vi invito ad osservare le foto di corredo all’articolo per farvi un’idea.
Seconda premessa: mi scuso fin da ora se nella recensione alternerò nomi americani a quelli italiani, i primi sarebbero più corretti ed universalmente noti, ma i secondi molto meno dimenticabili per affezione...
LE CONFEZIONI
I sei elementi sono tutti confezionati singolarmente all’interno di altrettanti box di cartone con la loro simpaticissima vetrinetta in plastica trasparente, che permette l’ispezione del contenuto e, al contempo, fa anche un po’ vintage nell’accezione positiva del termine. Frontalmente, tutte le immagini di contorno non consistono in foto del prodotto, bensì in accattivanti disegni molto anime-style del robot, mentre invece il retro del packaging illustra il modello nelle sue tre modalità (robot – veicolo – parte di Hercules).
Per quanto riguarda le dimensioni, sono tutte riconducibili ai 20,5 x 20,5 x 10,5 cm.
IL CONTENUTO
- Dr Crank / gru (aka Hook, aka Rostro)
- Structor / ruspa (aka Scrapper, aka Ringhio)
- Madblender / betoniera (aka Mixmaster, aka Rollo)
- Neckbraker / bulldozer (aka Bonecrusher, aka Scudo)
- Exgraver / escavatore (aka Scavenger, aka Braccio)
- Heavy Labor / autocarro (aka Long Haul, aka Macigno)
Tutti i robot sono bloccati nel blister con il fil di ferro, e compresa in ogni confezione deve esserci l’immancabile foglio illustrativo, una simpatica tesserina che giudica le caratteristiche “psico-fisiche” del personaggio (forza, intelligenza, ecc), una coppia di armi e la parte aggiuntiva per l’Hercules. Il bicchiere dell’autobetoniera, ovvero Madblender, è staccato dal robot, così come la gru di Dr Crank.
Nella primissima stampa, nella confezione di Neckbraker era presente anche un bacino erculeo alternativo (più stabile), assente nella stampa successiva in quanto già montato di serie su Heavy Labor.
ROBOT MODE
I sei (not) Costructicons sono sicuramente molto vistosi, innanzitutto perché caratterizzati da un’altezza di circa 16-17 cm, non indifferente se consideriamo che stiamo parlando di un combiner. E in effetti, quando si estrae il primo robottone dal proprio alloggiamento nel blister, non si può far altro che chiedersi quanto diavolo possa essere alto e massiccio l’Hercules una volta assemblati i sei rissosi elementi… Altra cosa che salta immediatamente all’occhio, la colorazione. Il verde molto acceso utilizzato, aveva generato più di qualche perplessità in chi ha seguito il progetto TFC, ma mi sento di poter dire che l’opacità della plastica utilizzata smorza effetti potenzialmente fastidiosi e rende il sestetto accettabilmente simile ai colori dell’anime di riferimento. E, a proposito di plastica, facciamo due considerazioni sui materiali utilizzati: trattandosi di un Transformer, e di un gestalt in particolare, prevedibilmente la plastica domina totalmente, ma lo spessore e la qualità mi sembrano abbastanza buoni e trasmettono una sensazione di appagante solidità. La colorazione è data dalla pasta stessa della plastica, ma molti piccoli dettagli sono verniciati qua e là con precisione apprezzabile. Il resto delle superfici ha comunque un livello di dettaglio molto convincente, seppur non evidenziato da alcun tipo di marking, purtroppo.
Buono anche il livello della progettazione: i robot, oltre ad essere esteticamente accattivanti, solidi e ben riusciti, sono tutti bene articolati a quasi tutti i livelli, tanto che ho trovato estremamente divertente cercare e sperimentare le pose più disparate sfruttando le possibilità dei numerosi snodi (prevalentemente ad attrito per gli arti superiori e qualcuno anche a scatto per bacino/arti inferiori) di cui sono dotati nonostante le esigenze di doppia trasformabilità. O forse grazie proprio a questo motivo, visto che spesso si possono sfruttare anche più punti di rotazione per i singoli arti.
Ottima l’idea di poter posizionare l’enorme gru sulla spalla di Dr Crank e, soprattutto, di poter trasformare l’ingombrantissimo bicchiere di Madblander (la parte girevole della betoniera) in una vera armeria ambulante… a spicchi! Tutte le bocche di fuoco sono poi agganciabili al robot.
Nel complesso sono proprio sei (not) Decepticon degni di questo nome. Ecco, forse l’estetica di Exgraver e Neckbraker è leggermente sotto la media degli altri, più che altro per gli arti inferiori finto-cingolati non proprio aggraziatissimi.
Tuttavia mi permetto di appuntare anche ciò che non mi è piaciuto, stavolta un po’ troppo vintage: in sostanza, le mani (bloccate in posizione chiusa e con evidentissimo foro per l’inserimento delle armi), le armi stesse (semplici e giocattolose, specialmente quelle rosse e trasparenti) e l’assenza di uno snodo alle caviglie su tutti i modelli. Quest’ultimo punto è comprensibile, vista la complessità del progetto, e crea problemi estetici più che di stabilità, ma sono convinto che si potesse fare senz’altro qualcosina in più, almeno per le parti esposte dei piedi. Tra l’altro c’è già chi ha fatto di meglio a tal proposito, come per i sei del Giant Make Toys (altro bellissimo “Devastator, per gli amici”). Annoto che spesso i piedi sono anche un po’ ostici da riportare in posizione robot dall’alt mode, essendo incassati in modo molto fermo e potendo procedere all’estrazione unicamente facendo leva su piccole sporgenze.
Comunque, complessivamente si tratta di un buonissimo lavoro oltreché ben fatti hanno infuso in loro anche un certo carisma che in qualche modo può sopperire alla fastidiosa assenza del logo dei Decepticon originale, per lo meno io me ne sono già dimenticato...
ALT MODE
Passiamo agli alter ego veicolari. Le trasformazioni, niente affatto banali, non sono comunque troppo intricate e si effettuano con passaggi che divengono presto veloci ed intuitivi, grazie anche alla precisione degli incastri e alla solidità del progetto. I sei mezzi da lavoro sono esattamente quelli visti nell’anime: autocarro, bulldozer, betoniera, escavatore, gru e ruspa. Sono piuttosto carini e di certo dettagliati, ma a mio avviso sono forse il tallone d’Achille dell’uscita TFC, ovvero la modalità meno convincente. Parere personale naturalmente! Questo perché mi hanno trasmesso una giocattolosità abbastanza marcata, forse dettata dalle proporzioni, dal colore, dalla saltuaria presenza di pugni mal celati o dall’assenza di elementi più raffinati come ad esempio abitacoli con vetrino, porte apribili o ruote sterzanti ovviamente laddove possibile, mentre invece contemplano apprezzabile possibilità di movimento gli attrezzi del mestiere come la gru, le pale frontali, la benna e così via. Ma è evidente che tutta l’attenzione del produttore sia stata catalizzata dall’Hercules in toto, come è giusto che sia in fondo.
HERCULES
Mastodontico, poderoso, entusiasmante! Il gigantesco robottone risultante dall’assemblaggio dei sei ragazzotti è dotato di proporzioni quasi imbarazzanti, parliamo di qualcosa che si aggira attorno ai 35 cm! Misura presa all’apice della spalla destra, la testa è appena più sotto. L’impatto estetico è veramente qualcosa di eccezionale, sia per l’altezza che per il dettaglio complessivo (che comprende veramente un’enormità di linee, fessure, pannelli, particolari ecc.) e questo nonostante le dimensioni e nonostante la verniciatura quantitativamente non abbondante in rapporto alla superficie. Non si ha, insomma, la marcata impressione di trovarsi di fronte ad una montagna di plastica verde fluo, ma bisogna pur dire che certe customizzazioni apportate al modello da modellisti navigati nelle verniciature lo hanno valorizzato enormemente.
L’assemblaggio avviene partendo dall’alt mode dei singoli componenti, ognuno dei quali custodisce anche una parte attacca e stacca dell’Hercules (chi una mano, chi parte della pettorina, e così via), ad eccezione di Dr. Cranck che ne nasconde la testa in antri insospettabili per poi rivelarla con una bella trasformazione.
Ben studiate e riuscite anche le proporzioni, con quei cingoli trasformati in braccia leggermente lunghe che conferiscono un leggero effetto gorillesco, perfettamente adeguato alla brutale ignoranza tipica del combiner.
Grande sorpresa, almeno per quanto mi riguarda, è stata la posabilità del gigante: a riprova del fatto che TFC ha pensato in prima istanza all’Hercules assemblato, ci troviamo davanti ad un mecha di 35 cm che è pure stabile ed efficacemente snodato a tutti i livelli: la testa gode della presenza di un snodo sferico, piuttosto funzionale; le braccia godono di movimenti discreti seppur limitati in estensione laterale, gli avambracci hanno grandi possibilità di rotazione e piega a 90°, mentre le mani, godendo delle importanti dimensioni, sono completamente articolate a livello delle singole falangi e dei polsi; il bacino potrebbe sfruttare il medesimo snodo in dotazione a Heavy Labor per essere ruotato, ma, a seguito di tutte le trasformazioni necessarie i risultati sono molto più modesti; buona l’estensione e la possibilità di rotazione e avanzamento delle cosce, così come la piega possibile a livello delle ginocchia (90°), come anche apprezzabili le capacità di movimento delle caviglie. Considerate le manie di grandezza, il lavoro svolto sulle articolazioni è stato sicuramente buono, con una preponderanza di indispensabili snodi a scatto, che tuttavia nel mio esemplare in un paio di punti non sono regolati uniformemente (es: il ginocchio destro tiene la posa meglio del sinistro). Notevole anche la stabilità generale, anche se non eccezionale nelle pose più dinamiche, cosa comunque da mettere in preventivo in un modello enorme e con un baricentro abbastanza alto dovuto alle esigenze di trasformabilità.
Un ultimo guizzo creativo da sottoporre alla vostra attenzione: il fucile laser in dotazione nasce dall’assemblaggio delle armi dei sei robot. Davvero un’idea molto carina.
Con tale robottone per le mani, viene veramente voglia di prendere un Optimus o un Grimlock qualunque e fargli passare un pessimo quarto d’ora in compagnia delle amorevoli attenzioni del gigante TFC, dando così libero sfogo al bambino che c’è sempre in noi… e questo perché il prodotto trasuda passione e ben cattura lo spirito del mondo a cui si ispira pur essendone un figlio burocraticamente “illegittimo”. E poi diciamolo, è troppo figo.
RAGE OF THE HERCULES OPTION PACK
Disponibile sul mercato è anche questo godibilissimo set aggiuntivo opzionale della TFC che aumenta le gimmick a disposizione di Hercules, e in modo davvero notevole! Tale kit comprende: 1 visore alternativo; una testa con due nuove facce (una con denti digrignanti e una “liscia”, pronta per essere customizzata); una coppia di spalle volumetriche da frapporre tra busto e braccia, che aumentano parecchio la posabilità e l’estensione delle braccia; una coppia di avambracci extra, alternativi a quelli di serie, i cui cingoli per l’occasione rimangono posizionati nella parte superiore degli arti; infine, un nuovo e bellissimo fucile. Naturalmente, si può giocare a piacimento con i nuovi elementi: nulla vieta, ad esempio, di applicare le spalle nuove e mantenere gli avambracci normali, e così via. Il costo oscilla attorno alle 35-40 euro, che possono valere l’acquisto, specie per chi ha voglia di sperimentare divertendosi e sbizzarrirsi con un buon numero di nuove soluzioni.
CONCLUSIONE
Massiccissimo modellone che non dovrebbe mancare nella teca di ogni buon amante dei Transformers! Solido, ben progettato, per certi versi sorprendente e certamente ispirato. Il design di Hercules poi, lo trovo totalmente azzeccato, fosse stato pure leggermente raffinato come painting sarebbe stato davvero un gioiello.
Sfortunatamente però, non mancano punti a suo sfavore tutt’altro che ininfluenti. Innanzitutto considerate l’esborso economico, piuttosto importante, che attualmente oscilla tra 70 e 90 euro per singolo componente, ovviamente da moltiplicare per 6… non poco, davvero, anche alla luce del fatto che il prezzo del suo diretto concorrente, l’altrettanto pregevole Giant della Make Toys, è decisamente più abbordabile. Poi tenete a mente che comunque questo palese Devastator non è Devastator… è Hercules, bellissimo, ma pur sempre scevro della licenza Transformers, cosa che potrebbe essere ben poco apprezzata (e con buone ragioni) dai puristi del collezionismo. In ultima analisi, anche le dimensioni ciclopiche potrebbero rivelarsi un’arma a doppio taglio, 35 cm di bestialità potrebbero non andare a genio a tutti, vuoi per possibilità logistiche, vuoi per gusto personale. Ecco, se queste barriere non vi tangono più di tanto, aprite le vetrine al sestetto (not) Constructicons e preparatevi ad ospitare uno dei pezzi più vistosi e massicci di sempre.
Non mi resta che ringraziare Like75 per le utilissime informazioni e chiedere, rivolgendomi a tutti i lettori dell’articolo… ma da quanto aspettavate un Devastator così?
Marco “Guitar Hero78” De Bon
(le foto sono state realizzate dall'autore dell'articolo)