L’uscita del gx-56 a metà novembre 2010 segna la chiusura del progetto Tobikage, in elaborazione dal lontano 2006, avviato da Bandai nel giugno 2010 con il gx-54 e passato attraverso l’uscita intermedia, a settembre, del gx-55. Questi tre modelli, che hanno letteralmente monopolizzato la produzione soc nell’anno che ci apprestiamo a lasciarci alle spalle rappresentando metà delle uscite di questa serie, hanno nel complesso fornito impressioni buone pur suscitando più di una perplessità, personalissima sensazione da me avuta in occasione della prima uscita, confermata nella seconda ed ulteriormente consolidatasi con la valutazione di questi ultimi Zerokage & Bakuryu. Alla luce di quanto detto il progetto Tobikage passa in archivio con una promozione piena e più che meritata, ma con il dubbio che qualcosa di più si sarebbe potuto fare e che forse in tempi diversi si sarebbe fatto, in due sole parole il concetto può essere trasmesso con un “belli ma….”. Anticipatovi il giudizio sul modello, passo alla mia abituale analisi…..
La scatola
Più grande, ma non di molto, rispetto a quella di gx-54 e 55, quindi complessivamente di dimensioni ragionevoli (32 x 22 x 12 cm). Soppesandola risulta leggerina, il presagio non è buono…. L’artwork è esattamente sovrapponibile ai suoi due predecessori con sull’anteriore lo Zerokage e, alle sue spalle, il Bakuryu contornati dai grandi kanji che ne indicano i nomi. Sullo sfondo e più attenuata, la testa del drago arricchisce ulteriormente il bel quadretto. Il retro conferma il design già apprezzato in Kurojishi e Houraioh con il mecha in versione animale a calamitare l’attenzione al centro ed i vari riquadri raffiguranti accessori e gimmicks sparpagliati lateralmente intorno ad esso. Molto belle anche le illustrazioni dei due mecha sulle superfici laterali della confezione.
Il contenuto
Non c’era polistirolo nelle scatole dei due precedenti gx e, abbastanza prevedibilmente, non era lecito aspettarsi trattamento diverso per quest’ultimo componente della famiglia Tobikage. Nella scatola prendono infatti alloggio due blisters di plastica trasparente, quello più grande (con cornice in cartoncino a fare da rinforzo interno) contiene i due robot con un paio di pugni chiusi preapplicati, i due cannoni da agganciare alle spalle del Bakuryu ed il nastro da montare sulla schiena dello Zerokage. Il blister più sottile da invece alloggio ai vari accessori dei due mecha e cioè: 2 paia di mani per il Bakuryu (a dita aperte e per l’impugnatura dell’ascia), 4 paia di mani per lo Zerokage (con indice e medio estesi, a dita aperte e semiflesse, per l’impugnatura del tridente e delle spade e per l’impugnatura dell’arma formata da 6 pugnali uniti tra loro), l’ascia del Bakuryu scomposta in 4 parti (il manico, la parte con la lama e due punte alternative di lunghezze differenti), una placca simulante il petto del Tobikage ed una placca dorsale agganciabili rispettivamente al ventre ed alla schiena del robot in versione animale, una testa per il drago intercambiabile più piccola e proporzionata, il fodero per le spade applicabile sulla schiena dello Zerokage ed il relativo perno per l’aggancio, due spade corte ed una lunga, un tridente, una catena in posa di lancio e 6 pugnali attaccabili ad un supporto centrale, a sua volta applicabile sulla schiena del robot (tutte armi, queste ultime, dello Zerokage). Il libretto di istruzioni, presente come sempre, è corredato da bellissime illustrazioni dei due mecha ma anche in questo caso non ho apprezzato le immagini in bianco e nero invece dei disegni tecnici ad illustrare (peraltro in modo talora poco chiaro) i passaggi della trasformazione.
Zerokage
La nemesi del Tobikage non si differenzia significativamente, almeno dal punto di vista strutturale, da quest’ultimo. Sto parlando ovviamente della versione iperposabile del Tobikage presente nel gx-55 e non di quello trasformabile ma comunque assai snodato conteuto nel gx-54. Lo Zerokage si differenzia in realtà per qualche millimetro in più in altezza misurando indicativamente 16 cm. Il peso, però, rimane comunque esiguo, attorno ai 104 grammi, tradendo una composizione quasi interamente in plastica. Di fatto credo che le uniche parti in metallo di questa che può essere ragionevolmente definita come action figure, siano i soli piedi. In altre parole, pregi e difetti sono quelli già enunciati per il Tobikage presente nella confezione dell’Houraioh, e cioè estrema posabilità a fronte di una composizione al 95% in plastica. I punti di snodo sono numerosissimi, per la precisione 21, e ad essi si aggiunge la mobilità di alcuni inserti come quelli laterali delle cosce, le spalline e le parti che coprono le braccia. L’avampiede è flessibile, le caviglie sono molto mobili ma solo lateralmente e medialmente mentre non hanno escursioni in senso antero-posteriore. Le ginocchia consentono la flessione completa della gamba sulla coscia grazie a due punti di snodo, uno si trova tra ginocchio e gamba, il secondo più in alto, tra ginocchio e coscia (quest’ultimo si attiva quando il primo è giunto al massimo della sua escursione). L’articolazione dell’anca può essere spostata leggermente in basso e ruota liberamente a 360 gradi consentendo anche un modesto movimento di torsione all’intero arto inferiore. Un vero peccato che la gamba non abbia movimenti di rotazione e che quelli imprimibili a livello dell’anca siano modesti, nel contesto di una posabilità estrema e comunque assai soddisfacente questo aspetto, a mio modo di vedere rende lo Zerokage inferiore al Tobikage. Il tronco ha due punti di snodo, al passaggio bacino-addome (torsione completa) e addome-torace (rotazione di circa 120 gradi). La testa, governata da uno snodo a sfera, come quasi tutti gli snodi del modello, ruota liberamente anche se nel mio esemplare si stacca con estrema facilità. La spalla è leggermente estraibile dal tronco ed ha due punti di snodo: più interno al passaggio tronco-spalla (indicando con quest’ultimo termine la parte azzurra) e più esterno all’attacco spalla-braccio. Entrambi gli snodi garantiscono rotazioni complete ed agendo combinatamene forniscono totale libertà di movimento all’articolazione. I gomiti, flessibili a non più di 90 gradi, sono ruotabili longitudinalmente. I polsi hanno buone escursione ma il cambio delle mani, data la mobilità del perno che resta fissato all’avambraccio, a volte è snervante. Le articolazioni, in virtù dei carichi relativamente modesti che devono sostenere, sono tutte ad attrito e costituite quasi sempre da snodi a sfera. La verniciatura è generalmente buona anche se le parti di colore blu scuro (in pratica il modello nella sua quasi totale interezza) mi trasmettono la personalissima sensazione di graffiarsi un po’ troppo facilmente. Assai soddisfacente la dotazione in mani ed accessori.
Bakuryu
Passiamo al pezzo grosso! Bakuryu è alto 20 cm all’apice del suo corno frontale e l’impatto visivo è decisamente positivo. Il peso di 366 grammi, pur dimostrando come (seppur ben nascosto) il metallo sia presente in quantità superiore a quanto non appaia nelle foto indicanti la composizione del modello viste prima della sua uscita, non è comunque un peso estremo, soprattutto se rapportato all’imponenza ed all’altezza del gokin. In altre parole, se un simile peso in un soc di dimensioni più contenute come il gx-54 trasmetteva ben altra sensazione di ricchezza in metallo, in questo caso quando si va a soppesare il modello, se è vero che non si può dire di essere delusi non si può neanche affermare, in tutta sincerità, di esserne completamente soddisfatti. Molto più semplicemente non è leggero come si temeva ma neanche pesante come sarebbe stato lecito attendersi…. Ciò non toglie che dei 3 mecha del progetto Tobikage questo era apparentemente il più appariscente ed esteticamente appagante, sensazione pienamente confermata dall’esperienza diretta. Sono in metallo i due unghioni anteriori delle zampe, gli arpioni sugli avambracci (zampe anteriori del drago) ed il nucleo centrale del tronco (la parte blu per intenderci), tutto il resto è in plastica. Le plastiche, ad ulteriore conferma di quanto già osservato in Kurojishi e Houraioh, oltre ad alcuni antiestetici segni di distacco dalle sprue (fortunatamente concentrati sulla superficie posteriore del modello), tradiscono in più di un punto qualche venatura di troppo evidenziando la scelta di materiali non di primissima qualità. La posabilità è sostanzialmente soddisfacente anche visto e considerato il design relativamente massiccio del mecha. Le caviglie hanno discrete escursioni laterali, le ginocchia si flettono a 90 gradi. L’intero arto inferiore è ruotabile di 360 gradi all’attaco coscia-anca. Le anche si abducono modestamente e ruotano con movimento regolato da articolazione a scatto di circa 270 gradi. Il tronco, causa esigenze di trasformabilità, non ha punti di snodo. Le spalle sono ruotabili totalmente con articolazione a scatto e le braccia sono abducibili di 90 gradi. L’arto superiore è ruotabile longitudinalmente al passaggio braccio-spalla ed i gomiti sono flessibili ad angolo retto. Discreta la mobilità dei polsi, ottima quella della testa, sia in rotazione che in flessione-estensione. La trasformazione non è difficile anche se il libretto in alcuni passaggi (cosa già notata per i due precedenti mecha tobikagici) non è molto chiaro. Ad ogni modo anche solo intuitivamente si riesce comunque a convertire il nostro robot senza particolari patemi. Ho letto di persone che si sono lamentate di una certa fragilità e del rischio di rotture cui il modello sarebbe soggetto nel trasformarlo, personalmente non ho rilevato niente di tutto ciò. E’ ovvio che alcune parti come i baffi del drago siano a maggior rischio di spezzarsi data la loro conformazione, ma è altrettanto vero che è sufficiente avere un minimo di cura (ne’ più ne’ meno la stessa che tutti noi collezionisti impieghiamo quando trasformiamo un qualsiasi altro amato soc) per non rischiare brutte sorprese. Se il mecha in versione antropomorfa vi piaceva credo che a conversione ultimata il risultato ottenuto vi lascerà ancor più soddisfatti. Il drago, che a collo esteso arriva all’altezza di 23 cm, è veramente uno spettacolo per gli occhi. Delle due teste in dotazione (anche se con quella preapplicata la versione animale comunque non sfigura) personalmente consiglio di montare quella più piccola, maggiormente proporzionata al resto del corpo. Carini anche i cannoni direzionabili con snodo a sfera sulle spalle e le bocche di fuoco con sportellino apribile sulle parti laterali del petto. Teoricamente il Tobikage trasformabile contenuto nel gx-54 è combinabile anche con questo Bakuryu, ma in tutta sincerità sconsiglio la cosa, lo spazio vuoto che rimane all’interno dell’alloggiamento una volta incastonato il Tobikage “appallottolato” (ben chiuso dalla placchetta-dummy part in dotazione con gli accessori del gx-56) è con un semplice, laconico ed efficace termine: brutto! La verniciatura è sostanzialmente in linea con gli standard Bandai, ben curata anche nei dettagli più minuti anche se ribadisco che certe venature di plastica colorata in pasta (parlo delle plastiche di colore blu in particolar modo) mi hanno fatto storcere non poco il naso.
In conclusione
Certamente si tratta dell’uscita più accattivante ed esteticamente appetibile del trio Tobikage, ma è inutile ribadire come l’acquisto di uno solo o di due di questi modelli non abbia molto senso se non si accompagna ad esso quello degli altri gx necessari per completare il trio. Da ciò ne deriva, come diretta conseguenza, che l’eventuale compera richiede una forte motivazione dal momento che stiamo parlando comunque di 3 soc e di una spesa complessiva comunque eccedente i 200 euro. Nello specifico credo che un buon prezzo per questo gx-56 sia da considerarsi attorno agli 80-90 euro tutto incluso, anche se ovviamente non è da escludersi che in un prossimo futuro tali quotazioni possano gradualmente abbassarsi anche in modo sensibile. Il progetto Tobikage va quindi in archivio con un giudizio dal mio punto di vista positivo anche se è inutile nascondere che siamo comunque lontani dalla laurea con lode. Nella speranza di avervi fornito informazioni utili e soprattutto chiarificatrici nell’indirizzarvi o meno all’acquisto vi ringrazio per la pazienza che avete avuto nel seguirmi in queste 3 recensioni, il tutto dandovi appuntamento ai prossimi articoli su queste pagine, sempre qui, su Japanrobot. Un caloroso arrivederci dal vostro Stefano-Mazingetter.
Mazingetter
(le foto sono state realizzate dall'autore dell'articolo)