Bandai Soul of Chogokin gx-59 Daltanious by Mazingetter

I moduli - Page 2

1-Atlaus
Forma la parte superiore del corpo di Daltanious (testa, spalle e braccia). Con un peso di 234 grammi si caratterizza per una buona fedeltà alla controparte animata anche se un dettaglio in particolar modo, per motivi a me ignoti, non quadra: gli inserti gialli sulle superfici esterne e soprattutto interne delle gambe sono stati riprodotti diversamente da quanto visto nel cartone, nessuna tragedia, per carità, ma non comprendo il motivo di questa scelta. Di questi, gli esterni sono asportabili per simulare l’estrazione delle hand slicers. Bello il Delfighter, curato nei piccoli dettagli, con reattori ruotabili (per simularne gli assetti di volo e di aggancio) ed ali ribaltabili (per riprodurne l’ampliamento che subiscono al momento della trasformazione in Daltanious), solido l’aggancio alla testa. La verniciatura è davvero ben curata, così come i particolari delle pannellature e della testa (anche se su questa ho dovuto però constatare qualche piccolo segno di distacco dalle sprue), e molto bello è il dettaglio delle croci in rilievo su spalle e ginocchia. La posabilità complessivamente è accettabile ma niente di più ed è supportata da un insieme di articolazioni ad attrito fatta eccezione per quella della spalla, che risulta essere a scatto. Le caviglie sono governate da snodi a sfera che garantiscono modesti movimenti sia sul piano sagittale che su quello frontale mentre le ginocchia, per effetto della tipica trasformazione del mecha, hanno un grado estremo di flessibilità con escursione fino a 180 gradi, tale cioè da permettere alla gamba di ripiegarsi completamente sulla coscia. A livello dell’anca la mobilità è soddisfacente in rotazione lungo l’asse longitudinale, limitata in termini di flessione ed estensione e praticamente nulla quanto ad abduzione. Le spalle, uniche articolazioni a scatto, presentano ampie escursioni sia in abduzione (fino a 180 gradi) che in rotazione (a 360 gradi). La rotazione lungo l’asse longitudinale del braccio è di circa 180 gradi. I gomiti permettono movimenti di flessione ad angolo retto ed anche i polsi, alla base delle mani, sono snodati (tali snodi, ad attrito, sono sbloccabili dal loro allineamento con un sistema a scatto e, a trasformazione effettuata regoleranno l’articolazione del gomito del Daltanious). Le mani non sono intercambiabili ma costituite da un unico paio articolato all’altezza delle nocche ed alla base del pollice per consentire al robot di impugnare le due hand slicers, e su di esse si incastrano gli avambracci del Daltanious. La testa si muove su di uno snodo a sfera con escursioni abbastanza ampie su tutti i piani. Dei tre componenti è forse quello che possiede la composizione metallica percentualmente più cospicua nonostante il minor peso. Sono infatti in metallo le cosce, la parte posteriore di bacino e addome e l’intero torace. La dotazione in accessori è sostanzialmente completa se rapportata all’armamentario mostrato nell’anime, il robot è stato infatti munito dei pugni laceranti e di un paio di hand slicers (unibili tra loro con l’apposito perno a formare il boomerang cutter, meglio noto come boomerang spaziale). Riprodotte anche le bocche di fuoco della raffica dirompente ai gomiti seppur difficilmente apprezzabili complice le dimensioni limitate e la mancata verniciatura delle relative feritoie. Complessivamente direi che comunque non manca nulla. I pannelli che chiudono la faccia posteriore delle gambe (anche qui si segnalano segni di distacco dalle sprue) sono asportabili per consentire alle cosce di ripiegarsi in esse e permettere così la metamorfosi necessaria all’aggancio con Beralios.

2-Beralios
Costituisce la parte centrale del Daltanious andandone a comporre il tronco e le cosce. Dei tre mecha Beralios è quello che in assoluto ha dovuto pagare maggiormente il dazio dettato dalle necessità di trasformazione del modello. Se il leone è più che soddisfacente sino al bacino (peraltro con un muso a mio avviso veramente fedelissimo nello sculpt ma non nel colore, leggi impiego del grigio satinato al posto del bianco), da lì in poi è meglio evitare commenti. La visione del retro è davvero impietosa in tal senso, indubbiamente brutta, con la parte posteriore del dorso sostituita da un improbabile pannello ribaltabile ideato per consentire il cambio di colore che il bacino del robot subisce al momento della combinazione. Anche la coda, progettata in modo che nella trasformazione possa ripiegarsi e scomparire senza la necessità di staccarla, è davvero brutta a vedersi con una antiestetica cerniera centrale che la fa apparire più come un’asta spezzata che come una appendice articolata (mi chiedo cosa sarebbe costato a Bandai aggiungere in dotazione una seconda coda snodata, intercambiabile ed esteticamente più appagante). Il metallo è ridotto e limitato praticamente al solo blocco del bacino, alla parte anteriore delle zampe e ad altri piccoli dettagli per un peso complessivo di 265 grammi. Bruttino anche il foro sulla schiena per l’applicazione della mitragliatrice, ancora una volta sorge spontanea una domanda: era così difficile dotare il nostro leone di un semplicissimo tappo removibile sul dorso? Anche la mobilità è relativamente modesta, in linea con i mecha felini precedentemente riprodotti da Bandai (leggi gx-13 e gx-54) e tutte le articolazioni fatta eccezione per le spalle sono a scatto (sia le 4 caviglie, che le ginocchia e i gomiti, che le anche). La mandibola è snodata dando la possibilità di esporlo a bocca aperta nell’atto di ruggire (meglio, più aggressivo) o chiusa (peggio, più goffo). Il colore, ampiamente dibattuto nei vari forum prima dell’uscita del modello, è di un giallo-ocra secondo me abbastanza fedele a quanto visto nell’anime anche se in alcune parti (leggi zampe anteriori e posteriori) tradisce una sensazione di “plasticosità” eccessiva e poco piacevole che trasmette un po’ troppo l’idea del giocattolo, peraltro con più di un segno di distacco dalle sprue (sia ginocchia che gomiti).  Insomma, nel complesso è davvero bruttino e goffo a vedersi, ma data l’improbabile trasformazione del robot c’era da attendersi che qualche sacrificio estetico si sarebbe reso necessario, e Beralios, vista anche la critica posizione da lui occupata e la metamorfosi più improbabile che subisce rispetto agli altri due mecha, è stato quello che ha dovuto pagare il prezzo più salato, cosa certamente comprensibile, ma comunque un peccato visto che dei 3 moduli è indiscutibilmente anche il più affascinante. Per questo mecha in particolare diventano quindi fondamentali una posa ed una angolazione di esposizione adeguate, pena essere scambiato per un cassonetto dei rifiuti o quasi. Unico accessorio la mitragliatrice da applicarsi sulla schiena, e diversamente non poteva essere visto che non me ne sovvengono in mente altri.

3-Gumper
Va a formare avambraccia, gambe e piedi di Daltanious. E’ in assoluto il componente più fedele dei 3, perfettamente attinente a quanto visto nel cartone, ed è anche il più pesante con un peso di 340 grammi. E’ composto principalmente in plastica, ma il metallo c’è e si sente, localizzandosi a livello di: inserti laterali di colore giallo, parte grigia davanti ad essi (quella che va a comporre la superficie laterale del piede del Daltanious tanto per intenderci), zona rossa localizzata nella porzione centrale dell’astronave e parte interna dei bracci meccanici. Questi ultimi, articolati ed estraibili dalla zona dorsale proprio come nel vecchio Popy, sono molto carini. Belle anche le maniglie alloggiate sulla superficie ventrale (usate nell’anime da Atlaus per appigliarsi e lanciarsi successivamente in volo innescando così la manovra dell’aggancio totale) ed i Gumper cutters, facilmente applicabili sui relativi bracci apribili nella parte anteriore del jet al di sotto della cabina di pilotaggio. Le ali rosse (non esenti da più di un segno di distacco dalle sprue) sono ripiegabili ed estensibili con un semplice sistema a resistenza (e qui avrei preferito un meccanismo a scatto con relativi pulsanti come nel vintage). Si segnalano ulteriori (un po’ troppi) segni di distacco dalle sprue sulla superficie ventrale del jet. Molto soddisfacente la riproduzione dei piccoli dettagli, parlo nello specifico delle varie pannellature ma soprattutto della miniaturizzazione della cabina di pilotaggio, davvero ben curata.


Mazingetter

(le foto sono state realizzate da SHIN)

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