Bandai Soul of Chogokin gx-59 Daltanious by Mazingetter

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Eccoci infine arrivati al piatto forte. Partiamo dalla trasformazione, nel complesso molto fedele e relativamente semplice da realizzare. Personalmente mi sono esaltato nel praticarla, l’ ho infatti eseguita senza neanche il supporto del libretto di istruzioni, sia perché facile, sia perché fedele all’anime, sia perché fortunato ex possessore del vecchio vintage, ma soprattutto perché mi ero praticamente mangiato con gli occhi nei mesi scorsi le foto delle riviste che la illustravano. Qualcuno ha fatto accenno a potenziali rischi di rigature sulle gambe di Atlaus o su Gumper, ma personalmente non ho registrato niente di tutto ciò. Delle chicche tecniche di questo modello direi che quella in assoluto più valida è costituita dalla realizzazione della “mutanda” nera del robot. Il principale problema che infatti si poneva agli ingegneri Bandai era quello di concepire un sistema che permettesse il viraggio cromatico del bacino del Daltanious il quale, con la trasformazione, da giallo diveniva magicamente nero. Questo è stato reso possibile inserendo all’interno di Beralios un pannellino di colore nero (costituito da  3 elementi ripiegati e tra loro articolati) estraibile attraverso uno sportellino sulla parte inferiore del torace del leone e quindi agganciabile al bacino del felino, un’idea veramente geniale. Lo stesso cambio cromatico è stato peraltro a sua volta il principale responsabile dello scempio del posteriore del Beralios, per non lasciare giallo il fondoschiena del Daltanious si è infatti reso necessario l’impiego di quel secondo pannello ruotabile che tanto inguardabile ha reso il retrotreno del leone. La mutanda nera, croce e delizia del modello a seconda dei punti di vista (anteriore o posteriore, appunto!). Al termine della combinazione il nostro Daltanious misura 27 cm in altezza per un peso, alla fin fine più che rispettabile, di 877 grammi, tutto ciò a discapito di una composizione (almeno per quanto riguarda le sole parti esposte del modello) al 90% in plastica. A prima vista il robot è forse leggermente tarchiato perchè un po’ troppo di coscia corta, aspetto dettato dalla necessità di non rendere ancora più inguardabile il posteriore del Beralios anche allungandogli le zampe. Ad ogni buon conto il colpo d’occhio, inutile negarlo, è assolutamente impressionante, soprattutto per un ex possessore del vecchio Popy, e anche qui si rischia seriamente che scenda la classica lacrimuccia di commozione. Ciò non toglie che una volta recuperata un po’ di lucidità ed obiettività i difetti da constatare, più o meno grandi, ci sono e non sono pochi. Tra questi, in primis, le tanto vituperate zampe anteriori di Beralios che se ne rimangono appese alla schiena del robot come un paio di rami secchi e della cui inopportunità si è parlato per svariati mesi in più di un forum. Per l’ennesima volta ci si domanda perché Bandai, nel perseguimento a tutti i costi dell’all in one (peraltro solo teorico visto che per la trasformazione di Atlaus è necessario rimuovere i coperchi che ne chiudono la faccia posteriore delle gambe) si debba perdere così facilmente in un bicchier d’acqua quando progettando un banalissimo paio di appendici sganciabili si sarebbe potuto accontentare tutti evitando di compromettere in modo tanto pesante l’estetica del modello. E’ anche vero che le due zampe vanno a ricoprire una zona del dorso del robot che altrimenti rimarrebbe, in modo altrettanto discutibile, del tutto scoperta, ma non si può negare che la soluzione zampe staccabili + coperchi coprischiena avrebbe potuto di certo essere la più auspicabile ed esteticamente appagante. Insomma, anche se dal vivo alla fin fine non si fanno notare più di tanto, francamente dispiace trovarsi costretti a posare il gokin in modo tale che la bruttura che ne affligge la schiena venga il più possibile mascherata. Tanto per fare una citazione non del tutto casuale, alla nostra intimazione “togli le zampe o ce le lascerai” mamma Bandai ha risposto propendendo per la seconda ipotesi, facendoci così girare le lame boomerang. Ancora più esteticamente discutibile è un altro palese difetto del modello, se non altro perché, a differenza del precedente, ben visibile. Sto parlando della caviglia del robot, sorprendentemente vuota; l’intera articolazione infatti a questo livello è affidata agli inserti laterali di colore giallo, parzialmente estraibili nel loro aggancio alla gamba così da dare un gioco sufficiente a consentire i movimenti di inclinazione mediale (escursione comunque modesta e  condizionante, purtroppo, una posabilità non del tutto soddisfacente). I logici dubbi che nascono analizzando una articolazione così apparentemente gracile sono relativi piuttosto a quanto essa potrà conservare la sua affidabilità e la sua tenuta con il passare del tempo concentrando l’intero peso del modello in un singolo punto, ma personalmente sono ottimista nel senso che il sistema appare ben solido e quindi tale da non riservare, con ogni probabilità, brutte sorprese a lunga scadenza. Certo è che la soluzione ideata lascia fortissimi dubbi sul piano estetico, se è vero che con l’inclinazione della gamba lo spazio vuoto viene in parte celato (tanto che per comprendere l’ideazione dello snodo guardando il prototipo all’ultima fiera di Lucca mi sono dovuto abbassare), da dietro assume i caratteri della vera e propria voragine tanto da far apparire il robot in levitazione sui propri piedi e comunque anche anteriormente quanto più si allinea il piede alla gamba riducendo l’inclinazione dell’articolazione, tanto più lo spazio tende ad ampliarsi e a risultare inguardabile. Personalmente credo che una qualche soluzione esteticamente più accettabile sarebbe comunque stata possibile, non so come ma mi rifiuto di pensare che non si potesse fare qualcosa di più, soprattutto perché stiamo parlando di Bandai. Ad ogni buon conto il rimedio a tale scempio può essere trovato, ad esempio inserendo molto semplicemente un piccolo spessore di gommapiuma scura nello spazio vuoto tra piede a gamba così da far apparire l’articolazione “piena”, cosa che permette peraltro di fornire un ulteriore (seppur minimo) supporto meccanico limitando nel contempo sfregamenti scomodi e potenziali rischi di sverniciatura. Sempre parlando di estetica non spiccano per bellezza i “maschi” degli innesti per l’aggancio delle due metà del Gumper che fanno bella mostra di se sporgendo un po’ troppo sulla superficie interna della gamba sinistra (non a caso tutte le foto promozionali sono state fatte inquadrando il modello di modo che l’interno-gamba visualizzato fosse quello di destra. Un difetto che invece considero minore è la tendenza del fermo che permette alle braccia telescopiche del Daltanious (avambracci di Atlaus) di rimanere bloccate in sede, a sganciarsi quando si maneggia il modello scoprendo così la parte alta del braccio di Atlaus immediatamente sotto alla spalla. La cosa, come detto, non è comunque tragica ed è sufficiente solo un po’ di attenzione….. In generale direi che quelli appena descritti sono i difetti più palesi del modello che, per il resto, fa registrare quasi esclusivamente solo pregi. Le plastiche usate, fatto salvo per alcune parti del leone, come già accennato, appaiono di buona qualità e comunque migliori e prive delle brutte venature talora riscontrate nei soc della serie Tobikage (gx-55 e 56 in particolar modo) e la verniciatura come al solito non presenta difetti rilevanti di sorta, con una stesura uniforme e regolare ed una buona resistenza. Unico neo evitabilissimo (anche qui si annaspa in 2 cm di acqua) la mancata verniciatura grigia della superficie anteriore della gamba alla base dei timoni del Gumper per cui quando si rimuovono rimane una brutta striscia bianca sotto alla croce del ginocchio. E’ una piccolezza, ma vista la sua banalità e dato che le foto promozionali mostravano tutt’altro così come l’immagine presente sulla scatola, la cosa infastidisce non poco. Alla fin fine, data la loro scarsa invasività, può comunque valere la pena di nascondere questa bruttura evitando di rimuovere i timoni mantenendoli montati anche nel robot.  Qualche sporadico segno di distacco dalle sprue qua e la costella di tanto in tanto il modello (quelli sul bordo superiore della mutanda nera nella sua parte anteriore forse i più fastidiosi). Capitolo snodi: la mia avversione verso la cervellotica articolazione della caviglia deriva anche dal fatto che, oltre ad essere brutta da vedersi, condiziona pesantemente la posabilità del modello visto che la possibilità di estrarre l’inserto nel suo aggancio alla gamba è sufficiente a garantire solamente inclinazioni di lieve-moderata entità, ed è un vero peccato visto che le anche hanno dei notevoli movimenti laterali col risultato per me letteralmente odioso che se si allargano troppo le gambe il robot non riesce ad avere per intero il contatto della pianta del piede a terra e l’appoggio resta affidato solo al filo interno dei piedi (stesso brutto difettaccio del gx-43 Daimos). Nonostante ciò l’appoggio del modello è abbastanza stabile anche quando si tende ad estendere o a flettere l’articolazione, basta solo avere la pazienza di giocare con gli equilibri regolando i movimenti della caviglia e la rotazione a livello dell’anca, alla fine si potranno ottenere anche pose tutto sommato discretamente dinamiche. Le ginocchia, regolate da solide articolazioni a scatto, hanno una flessione modesta (se si piegano oltre il primo scatto si staccano spontaneamente). E’ molto soddisfacente il grado di mobilità dell’anca, l’articolazione, anch’essa a scatto, permette ampi movimenti in abduzione, ottima flessione-estensione e rotazione (qui si comporta come snodo ad attrito) in senso longitudinale della coscia di poco superiore a 90 gradi (una settantina dei quali in intrarotazione, e solo una ventina come extrarotazione). Il tronco per ovvie ragioni legate alla trasformabilità è un blocco unico ed è privo di punti di snodo. Molto mobili le braccia, nella fattispecie le spalle che, dotate di aticolazioni a scatto, oltre a ruotare a 360 gradi consentono al modello di incrociare le mani sopra la testa e quindi di impugnare la spada infuocata protendendola in alto nella più classica delle pose ispirate all’anime e mantenendo quindi lo stesso grado di estrema mobilità già constatato sul relativo modulo. I gomiti, ad attrito e gestiti dalle articolazioni dei polsi di Atlaus, si flettono a non più di 90 gradi e si sbloccano con un sistema a scatto dalla loro posizione di allineamento braccio-avambraccio. Inizialmente temevo che l’incastro dell’avambraccio sui pugni di Atlaus fosse una soluzione un po’ troppo azzardata e di dubbia tenuta nel tempo ma constatando lo scarso peso degli avambracci (in plastica e cavi) e la tenuta dei gomiti penso di poter dire che le mie paure fossero infondate. La testa (parliamo della più grande ed upscaled) è governata dallo stesso snodo a sfera su cui si articola la più piccola e ne permette movimenti completi di rotazione laterale (a 360 gradi) e discrete escursioni in flessione-estensione. Sufficiente la dotazione in mani col difetto che, fatta eccezione per quelle chiuse a pugno, le restanti appaiono un po’ troppo grandi e sproporzionate (è anche vero che quelle per l’impugnatura delle armi tendono a passare comunque almeno in parte inosservate nella loro sproporzione proprio per effetto della presenza dell’arma) . Funzionale ma esteticamente mediocre la solita trita e ritrita basetta portaccessori, in linea con la tradizione della stragrande maggioranza dei gx componibili/trasformabili. Gli accessori sono numerosi ma incompleti, la sensazione è che siano state aggiunte in dotazione solo le armi usate sino all’episodio 28, da quando cioè il robot ne comincia ad usare anche altre (vedi le bocche di fuoco e la doppia morsa d’acciaio che fanno la loro comparsa solo a partire dall’episodio 29 e che beffardamente sono illustrate quali elementi dell’armamentario del robot nel libretto di istruzioni), che ci sia puzza di set aggiuntivo TWS? Personalmente non credo (un weapon set con appena 2 armi?) ma mai dire mai…. Ad ogni modo gli accessori presenti sono tutto sommato ben riprodotti, soprattutto la grande spada infuocata che, di plastica rosso-arancio e traslucida, risulta molto scenica seppur meno soddisfacente di quanto mostrato in fase di prototipo da Bandai. Ha una lunghezza di 23 cm (elsa compresa) e simula la lama fiammeggiante usata dal robot come arma finale di tutti i suoi scontri. Carino il dettaglio della croce sul manico dello scudo protettivo, interessante la possibilità di tendere la balestra spaziale. Seppur gradita, la sorpresa finale dell’accessorio per la riproduzione dei raggi sigma mi ha lasciato tutto sommato tiepido, sia perché non mi esalta più di tanto sia perché non credo che lo esporrò visti e considerati gli spazi sempre più asfittici della vetrina. Apparentemente bianca, se guardata controluce presenta una tenue sfumatura rosa in linea con quanto visto nell’anime. Insomma, carino e sempre meglio che nulla, ma non si può negare che un bel paio di bocche di fuoco o la morsa d’acciaio sarebbero state assai più gradite.

Bene, stavolta ho davvero esagerato, mi auguro che nessuno si sia annoiato o addormentato nel leggere questo vero e proprio papiro! Le considerazioni finali sono abbastanza scontate: nonostante i difetti non indifferenti (e ce ne sono, urca se ce ne sono!), mi considero estremamente soddisfatto per non dire entusiasta, il modello risulta complessivamente molto appagante ed è inutile negare che almeno in parte la cosa sia dettata dal fattore affettivo. Zampe in spalla o caviglie vuote che siano quando lo si mette in vetrina è comunque lui, Daltanious, lo stesso robottone inseparabile compagno di innumerevoli ore di gioco della mia infanzia, il soc che attendevo da 10 anni, insomma, un vero e proprio sogno che si è avverato e per cui, indipendentemente da tutto, non smetterò mai di ringraziare Bandai. Piccola, piacevole nota conclusiva: il modello è arrivato in Italia, grazie ad una ben nota ditta, in contemporanea con l’uscita giapponese. Rispetto anche a soli pochi anni or sono sembra quasi impossibile veder uscire nel giro di pochi mesi robot come Daltanious e God Sigma avendoli in mano in contemporanea con i paesi del Sol Levante. Unica nota stonata, purtroppo, i prezzi che causa cambi yen-euro da follia stanno sempre più rendendosi improponibili, motivo per cui ho declinato sin quasi dall’inizio l’acquisto in duplice copia di questo gx-59 che in altri tempi mi sarei forse concesso e che tutto sommato, a chi può permetterselo, mi sento anche di consigliare. A questo punto non mi resta che salutarvi calorosamente raccomandandovi vivamente di continuarci a seguire su queste pagine, i prossimi mesi sono destinati a riservarci numerose, interessantissime uscite, e Japanrobot non mancherà, come sempre, di fornirvi in modo sollecito ed imparziale tutti i ragguagli necessari per indirizzarvi in modo obiettivo nei vostri acquisti. Mazingetter


Mazingetter

(le foto sono state realizzate da SHIN)

 

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